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Che cosa sono l’Alpha e il Beta negli investimenti (e come calcolarli)

✍️ Redazione12 min di lettura

Che cosa sono l’Alpha e il Beta negli investimenti (e come calcolarli)

Nel mondo degli investimenti si sente spesso parlare di Alpha e Beta, due indicatori fondamentali per valutare la performance e il rischio di portafogli, fondi ed ETF. Si tratta di concetti derivati dal modello finanziario di riferimento, il Capital Asset Pricing Model (CAPM), utilizzati sia da investitori retail sia da professionisti per capire come un investimento si comporta rispetto al mercato. In questo articolo, scritto in stile divulgativo ma con approfondimenti tecnici, vedremo cosa indicano esattamente Alpha e Beta, come si calcolano in termini quantitativi, e forniremo esempi pratici – utilizzando dati reali di ETF settoriali statunitensi – per illustrare il loro utilizzo. L’obiettivo è aiutare gli investitori (soprattutto chi investe in ETF passivi) a comprendere meglio questi concetti e a trarne indicazioni utili per le proprie scelte di investimento.

Alpha e Beta in sintesi: perché sono importanti?

Alpha e Beta sono due facce della stessa medaglia. In breve:

  • Beta misura la volatilità e il rischio sistematico di un investimento rispetto al mercato di riferimento (es. l’indice S&P 500). È un indicatore che ci dice quanto il titolo o il fondo “segua” i movimenti del mercato.
  • Alpha misura la performance in eccesso di un investimento rispetto a quanto ci si aspetterebbe in base al suo Beta. Indica se il rendimento ottenuto è superiore (o inferiore) a quello “giustificato” dal rischio di mercato assunto.

In altre parole, il Beta ci dice quanto un investimento è correlato al mercato e quanto è rischioso rispetto ad esso, mentre l’Alpha ci dice quanto un investimento rende in più (o in meno) rispetto al mercato, al netto del rischio assunto. Questi due indicatori sono cruciali per valutare fondi ed ETF: ad esempio, un fondo passivo che replica un indice avrà Beta vicino a 1 e Alpha circa zero (segue il mercato fedelmente), mentre un gestore attivo cercherà di ottenere Alpha positivo (battere il mercato) magari assumendo un certo Beta (esposizione al mercato).

Beta: cos’è e come funziona?

Beta (\beta) è un coefficiente che definisce la misura del rischio sistematico di un’attività finanziaria o di un portafoglio. Tecnicamente, il Beta di un investimento ii rispetto a un indice di mercato mm si calcola come:

βi  =  Cov(Ri,Rm)Var(Rm)\beta_i \;=\; \dfrac{\operatorname{Cov}(R_i,\,R_m)}{\operatorname{Var}(R_m)}

dove RiR_i sono i rendimenti dell’investimento ii e RmR_m sono i rendimenti del mercato (indice benchmark). In parole semplici, β\beta esprime quanto i movimenti del titolo seguono (o amplificano, o attenuano) i movimenti del mercato di riferimento. Il calcolo pratico del Beta richiede:

  1. Dati storici dei rendimenti – ad esempio, si raccolgono i rendimenti mensili di un titolo o ETF e quelli dell’indice di mercato corrispondente per un certo periodo (es. 3 anni).
  2. Covarianza e varianza – si calcola la covarianza tra i rendimenti del titolo e quelli del mercato, e la varianza dei rendimenti del mercato.
  3. Rapporto covarianza/varianza – dividendo la covarianza per la varianza del mercato si ottiene il valore di Beta. Questo è matematicamente equivalente alla pendenza (slope) di una retta di regressione lineare tra i rendimenti del titolo (variabile dipendente) e quelli del mercato (variabile indipendente).

Interpretazione del Beta

  • β=1\beta = 1: l’investimento si muove in media in linea col mercato. Se il mercato fa +1%, anche il titolo ~+1%; se scende −1%, il titolo ~−1%. Un Beta pari a 1 indica dunque che la volatilità del titolo è simile a quella dell’indice di riferimento.
  • β>1\beta > 1: l’investimento è più volatile del mercato. Tende ad amplificare i movimenti (es. β=1,2\beta = 1{,}2).
  • 0<β<10 < \beta < 1: l’investimento è meno volatile del mercato (movimenti nella stessa direzione ma attenuati).
  • β0\beta \approx 0: l’investimento non mostra correlazione con il mercato (movimenti indipendenti).
  • β<0\beta < 0: l’investimento si muove in direzione opposta al mercato (correlazione negativa).

Beta quindi misura il rischio sistemico: il rischio legato ai movimenti del mercato nel suo complesso, che non è eliminabile con la diversificazione. Per definizione, il mercato (benchmark) ha β=1\beta = 1. Conoscere il Beta di un titolo o fondo aiuta a capire quanto quel prodotto è esposto alle oscillazioni del mercato.

Esempio concettuale: immagina un fondo con β=1,5\beta = 1{,}5. Se il mercato in un anno guadagna +10%, ci aspettiamo (in media) che il fondo guadagni circa +15% grazie al suo beta elevato. Se però rende solo +12% o, al contrario, +18%, la differenza rispetto al “previsto” è l’Alpha, che vediamo ora.

Alpha: cos’è e cosa indica?

Alpha (\alpha) rappresenta la capacità di un investimento di generare rendimento aggiuntivo indipendentemente dal mercato. In termini pratici, l’Alpha è quel rendimento extra (positivo o negativo) che un gestore o un titolo ottiene rispetto al suo indice di riferimento, dopo aver considerato il rischio di mercato (Beta).

In un fondo gestito attivamente, l’Alpha misura il valore aggiunto (o distrutto) dal gestore: un α>0\alpha > 0 indica che il fondo ha “battuto il mercato”, un α<0\alpha < 0 indica sottoperformance. Per strumenti passivi (ETF indicizzati) ci si attende α0\alpha \approx 0.

Dal punto di vista metodologico, l’Alpha è l’intercetta in una regressione lineare tra i rendimenti dell’investimento e quelli del mercato. Riprendendo il CAPM, la relazione base (in eccesso rispetto al tasso privo di rischio) è:

RiRf  =  α  +  β(RmRf)  +  εR_{i} - R_{f} \;=\; \alpha \;+\; \beta\,\big(R_{m} - R_{f}\big) \;+\; \varepsilon

Riarrangiando, si ottiene l’Alpha di Jensen per un portafoglio pp:

αp  =  (RpRf)    βp(RmRf)\alpha_{p} \;=\; (R_{p} - R_{f}) \;-\; \beta_{p}\,\big(R_{m} - R_{f}\big)

Interpretazione dell’Alpha

  • α=0\alpha = 0: rendimento pari a quello atteso dato il Beta (nessuna sovra/sotto-performance).
  • α>0\alpha > 0: rendimento superiore a quello previsto dal CAPM (valore aggiunto indipendente dal mercato).
  • α<0\alpha < 0: rendimento inferiore al “dovuto” per il rischio assunto (sottoperformance).

Insieme a Beta, l’Alpha è tra i principali indicatori per valutare la performance aggiustata per il rischio (assieme a deviazione standard, Sharpe, R², Sortino/Information, ecc.).

Gestione passiva vs attiva: il ruolo di Alpha e Beta

Negli investimenti passivi in ETF, il concetto centrale è il Beta di mercato: comprando un ETF indicizzato si acquista Beta, ossia la performance del mercato sottostante (meno costi). L’Alpha atteso è vicino a zero. Nella gestione attiva, l’obiettivo è generare Alpha positivo tramite selezione titoli, sovra/sottopesi settoriali, market timing. Tuttavia, battere il mercato in modo consistente è difficile; su orizzonti lunghi solo una minoranza di fondi attivi produce Alpha positivo persistente dopo i costi.

Esempi pratici: calcolo di Alpha e Beta per ETF settoriali

Consideriamo due ETF settoriali USA: Tecnologia (es. XLK) e Utility (es. XLU), con benchmark generale l’S&P 500. I settori hanno profili di rischio/rendimento molto diversi: tech più volatile e con rendimenti elevati nell’ultimo decennio, utilities più difensive.

Figura (concettuale)

Scatterplot dei rendimenti (portafoglio vs mercato) con linea di regressione: pendenza = Beta, intercetta = Alpha.
Scatterplot dei rendimenti di un portafoglio contro il mercato con la retta di regressione CAPM. La pendenza della retta rappresenta il Beta e l’intercetta rappresenta l’Alpha.

Beta del settore Tecnologia vs S&P 500

L’ETF del settore Tecnologia (ticker: XLK) negli ultimi anni ha mostrato una volatilità ben superiore al mercato. Calcolando il Beta su base storica (ad esempio usando rendimenti mensili degli ultimi 5-10 anni), si trova che il Beta di XLK rispetto all’S&P 500 è leggermente sopra 1, indicando sensibilità amplificata. In effetti, la deviazione standard dei rendimenti di XLK risulta circa il 27% annuo, a fronte di ~19% per l’S&P 500[1], e con un’alta correlazione con il mercato (data la natura azionaria, la correlazione a 1 non è lontana). Questo porta il Beta del settore Tech ad essere intorno a 1,1 – 1,2 (circa un 10-20% più volatile del mercato). Un Beta maggiore di 1 era prevedibile: le società tecnologiche tendono ad essere più soggette a cicli economici e oscillazioni (si pensi alle discese durante lo scoppio della bolla dot-com o alle rapide salite negli anni recenti), quindi hanno un rischio sistematico maggiore. Per un calcolo concreto, utilizziamo un orizzonte di 10 anni. Tra il 2015 e il 2025, l’ETF XLK ha registrato un rendimento medio annuo composto di circa +23,3%, a fronte di ~+15,3% annuo per l’S&P 500[2]. Supponendo un tasso privo di rischio medio trascurabile in quegli anni (era molto basso, intorno al 0-2%), possiamo stimare il Beta e l’Alpha:

  • Beta (XLK) – Supponiamo β = 1,2 sui 10 anni (valore coerente con la maggiore volatilità osservata del 27% vs 19% e alta correlazione).
  • Rendimento atteso secondo CAPM – Data β=1,2, se il mercato ha reso +15,3%, il rendimento “atteso” per XLK sarebbe: R_f+1,2×(15,3%-R_f). Anche assumendo R_f≈0%, ciò dà un atteso ≈ 18,4%.
  • Rendimento effettivo di XLK – ~23,3% annuo.
Alpha (XLK) = rendimento effettivo – rendimento atteso = +23,3% - 18,4% ≈ +4,9% annuo. Questo Alpha positivo indica che il settore tecnologico ha sovraperformato le aspettative in base al suo rischio. Anche considerando un po’ di rischio-free, il risultato non cambia di molto (con R_f maggiore di 0% l’alpha calcolato sarebbe leggermente inferiore ma sempre fortemente positivo). In altre parole, l’ETF tech ha ottenuto un extra-rendimento significativo oltre quanto spiegabile dal semplice “essere più volatile”: c’è stato un guadagno aggiuntivo, dovuto alla crescita straordinaria dei titoli tecnologici in quel periodo.

Beta del settore Utility vs S&P 500

Passiamo ora all’ETF del settore Utility (ticker: XLU), che include aziende di elettricità, gas, acqua, ecc. Le utilities sono considerate difensive: domanda relativamente stabile, alti dividendi, minore sensibilità ai cicli economici. Ci aspettiamo quindi un Beta inferiore a 1. Infatti, storicamente il Beta di XLU si aggira intorno a 0,7 rispetto all’S&P 500[3]. Questo significa che se il mercato sale o scende del 10%, il settore utility in media sale/scende di circa il 7%. I dati confermano una volatilità minore: ad esempio, la deviazione standard giornaliera di XLU è intorno al 16-17%, significativamente sotto quella dell’S&P 500 (~19%)[4], e con correlazione moderata. Guardando di nuovo ai 10 anni 2015-2025, XLU ha ottenuto un rendimento medio annuo composto di circa +10,9%, a fronte del +15,3% dell’S&P 500[5][6]. Stimiamo:

  • Beta (XLU) – circa β = 0,7 (come da storia osservata).
  • Rendimento atteso secondo CAPM – Con β=0,7 e mercato +15,3% (ponendo rischio-free trascurabile come prima), il CAPM ci darebbe un rendimento atteso ≈ 0%+0,7×15,3%=10,7% annuo circa. (Se considerassimo R_f ad esempio 2%, sarebbe 2%+0,7×(15,3%-2%)=2%+0,7×13,3%=11,3%. L’idea non cambia di molto.)
  • Rendimento effettivo di XLU – ~10,9% annuo.
Alpha (XLU) ≈ 10,9% - 10,7% = +0,2% annuo (praticamente ~0%). Con un R_f del 2% nell’esempio, avremmo 10,9% - 11,3% = -0,4%, ossia un piccolo alpha leggermente negativo. Possiamo concludere che il settore utility ha reso grosso modo quanto ci si aspetta dal suo Beta – leggermente sotto le attese se includiamo un tasso privo di rischio, ma in linea entro un margine ridotto. Questo ha senso: le utility avevano un rischio minore e infatti hanno ottenuto rendimenti più bassi del mercato, come previsto. Non c’è stata una significativa sovra- o sotto-performance indipendente dal mercato, il che si riflette in un Alpha intorno allo zero (lievemente negativo considerando i dividendi elevati e altre caratteristiche che però il CAPM base potrebbe non cogliere). In sintesi, il settore utility non ha “battuto” il mercato né deluso oltre quanto imputabile al minor rischio: ha fornito il rendimento atteso per un investimento difensivo.

Confronto e considerazioni

Dall’esempio risulta chiaro come Beta e Alpha insieme dipingono un quadro completo: XLK (Tech) aveva Beta > 1 e ha prodotto un Alpha consistente positivo (ha sovraperformato oltre il rischio di mercato), mentre XLU (Utility) aveva Beta < 1 e ha prodotto Alpha ~0 o leggermente negativo (ha reso meno del mercato, ma proporzionatamente al minor rischio assunto). Per un investitore in ETF passivi, questi indicatori aiutano a comprendere la natura del proprio portafoglio: se si possiedono molti settori “aggressivi” con Beta alti, ci si può aspettare maggior volatilità e potenzialmente extra-rendimento in bull market (ma rischio di sottoperformance in bear market); settori difensivi daranno stabilità (Beta bassi) ma difficilmente batteranno il mercato in rally prolungati. È importante notare che l’Alpha, essendo una misura storica, non è garantito nel futuro: il fatto che il tech abbia avuto ~5% annuo di Alpha negli ultimi 10 anni non significa che lo manterrà nei prossimi 10 (potrebbe ridursi se il settore rallenta o se altri settori recuperano). Allo stesso modo, un Alpha negativo passato non condanna un settore per sempre – ma spesso riflette dinamiche strutturali (es. difficoltà di battere il mercato per fondi gestiti attivamente, o settori maturi che crescono meno della media). Infine, ricordiamo che Alpha e Beta sono calcolati rispetto a un certo benchmark: è fondamentale scegliere il benchmark giusto. Nel nostro esempio abbiamo usato l’S&P 500 come riferimento per entrambi gli ETF settoriali; ciò va bene per un confronto generale, ma talvolta per valutare davvero la bravura di un gestore conviene usare un benchmark più mirato. Ad esempio, un fondo settore Tecnologia andrebbe confrontato a un indice tech (il suo Alpha misurato vs S&P 500 include anche l’effetto di settore); tuttavia dal punto di vista di un asset allocator, confrontare al broad market è utile per capire come il settore contribuisce alla performance complessiva del portafoglio. L’importante è coerenza: Beta e Alpha hanno senso solo in relazione allo stesso indice di riferimento.

Conclusione

Alpha e Beta sono due parametri chiave in finanza: il Beta quantifica l’esposizione al rischio di mercato di un investimento, mentre l’Alpha ne misura la capacità di generare extra-rendimento rispetto al mercato stesso. Per gli investitori in ETF passivi, Beta e Alpha aiutano a capire come combinare vari prodotti per costruire il profilo rischio/rendimento desiderato – sapendo che la maggior parte del rendimento deriverà dal Beta di mercato, mentre generare Alpha consistente è difficile e raro. Una conoscenza approfondita di questi concetti consente di valutare meglio le performance dei propri investimenti: ad esempio, distinguere se un fondo sta battendo il mercato grazie al Beta (magari perché è più rischioso) o grazie ad un vero Alpha (abilità gestionale, selezione titoli, ecc.). In un settore dove spesso si cercano “strategie attive miracolose”, Alpha e Beta riportano l’attenzione sui fondamentali: quanto del risultato è spiegabile dai movimenti di mercato? E quanto è frutto di vero valore aggiunto? La stragrande maggioranza dei rendimenti può essere ricondotta al Beta (ossia a fattori di mercato); l’Alpha genuino è raro e prezioso – ed è il motivo per cui si chiama “alpha”, la prima lettera dell’alfabeto greco, quasi a indicare qualcosa di speciale. Non a caso si parla di “caccia all’Alpha” nel gergo finanziario. Ma come investitori, bisogna essere consapevoli che questa caccia comporta costi e rischi, e che spesso una buona strategia è assicurarsi il Beta di mercato in modo efficiente (ad esempio con ETF a basso costo) e non inseguire a tutti i costi un Alpha sfuggente.

In conclusione, Alpha e Beta sono strumenti concettuali che ci aiutano a navigare le acque dei mercati finanziari: conoscerli e saperli calcolare ci dà un vantaggio nel comprendere perché i nostri investimenti stanno andando bene o male, e nel prendere decisioni informate per il futuro. Sia che tu scelga la semplicità di un portafoglio passivo o che ti avventuri in strategie attive alla ricerca di Alpha, tenere d’occhio questi indicatori ti aiuterà a rimanere ancorato ai fondamentali rischio-rendimento.

Fonti utili

  • Investopedia — Alpha and Beta for Beginners
  • Moneyfarm — Beta e Alfa: Significato in Finanza e Investimenti
  • Corporate Finance Institute — Alpha – How to Calculate and Use Alpha
  • PortfoliosLab — ETF Comparison Tool (dati storici XLK, XLU vs SPY): XLK vs SPYXLU vs SPY
  • Institute of Business & Finance — S&P 500 Sectors: Beta, Correlation, R² & Weightings: icfs.com